Cos'è
“La libertà non ha pizzo”. Con questo slogan che ha subito catturato la giovane platea, questa mattina l’Imprenditore calabrese e testimone di giustizia vessato dalla ‘Ndrangheta, Tiberio Bentivoglio, ha incontrato in Aula Pucci circa 200 studenti di Civitavecchia. Tra questi non poteva mancare la scuola Flavioni che, insieme alla sua dirigente Francesca De Luca e ai docenti accompagnatori Stefania Mangia, Laura Vessia e alla referente di plesso, Manola Camilletti, con una rappresentanza di 30 alunni selezionati dalle 6 classi terze, ha partecipato a “Denunciare è democrazia”. L’incontro è stato organizzato dalla Rete della legalità “G. Falcone” che nel Lazio unisce scuole superiori e Istituti Comprensivi per sensibilizzare gli alunni alla legalità.
Accolto dal sindaco Ernesto Tedesco che l’ha salutato e ringraziato per la sua viva testimonianza in giro per le scuole e le città italiane, l’imprenditore calabrese – ora scortato perché più volte vessato dalla ‘Ndrangheta e sopravvissuto a ben 6 colpi sparatigli alle spalle per non aver voluto pagare il pizzo per la sua attività economica a Reggio Calabria – ha catturato l’attenzione anche dei ragazzi presenti del Liceo Scientifico G. Galilei, dell’IIS Calamatta e dell’IIS Marconi con il racconto della sua complicata vita. Tante le domande arrivate dagli studenti di ogni scuola che in classe già avevano iniziato a conoscere Bentivoglio, leggendo con i docenti il suo libro “C’era una volta la ‘Ndrangheta”.
“Qual è il suo rapporto con la scorta? Ci sono momenti in cui soffre un po’ per questa situazione?” ha chiesto Davide. “Noi ragazzi come possiamo essere utili in questa lotta contra la mafia?” Ha poi chiesto Maria. E ancora: “Secondo lei come dovrebbe agire lo Stato per difendere chi denuncia? Perché non l’ha aiutata efficacemente? Come vede il suo futuro?”.
«Eravamo molto contenti, perché la nostra attività stava riscuotendo successo – ha raccontato Bentivoglio – Tanto che decidemmo di allargarci, prendendo un locale molto grande: a quel punto venne un capo locale della ’ndrangheta a chiedermi il pizzo. Con mia moglie decidemmo di non cedere al sopruso e lo denunciammo ai Carabinieri». Da quel giorno, dopo molte udienze e condanne dei malviventi, il negozio venne devastato cinque volte e lo stesso Bentivoglio fu ferito gravemente a colpi d’arma da fuoco. «Dopo il primo incendio, mia moglie passò due settimane a vendere la merce su un tavolo davanti ai locali bruciati, per dimostrare che eravamo ancora lì e non avremmo ceduto». Da allora, sono trent’anni che Tiberio Bentivoglio vive sotto scorta, ma non ha mai smesso di gridare il suo no alle mafie, come dimostrano gli incontri con le scuole che si succedono incessantemente tutto l’anno.
Rispondendo a una delle tante domande degli studenti, Bentivoglio li ha esortati a non essere indifferenti e a trovare la rabbia per schierarsi contro i soprusi: «La rabbia contro l’ingiustizia è ciò che mi ha mosso. Il vostro futuro dipende dalla capacità che avrete di trovare la rabbia – sana, pacifica ma ferma – di cambiare le cose. Denunciare è una forma di ribellione democratica – ha concluso l’Imprenditore, soddisfatto per l’attenzione dei ragazzi – e voi dovrete farlo sempre perché denunciare è abbracciare la parte sana dello Stato, quello che mi è vicino attraverso Forze dell’Ordine e, adesso, con la scorta, che è una famiglia per me»
Destinatari
La comunità scolastica
Luogo
Costi
Evento Gratuito